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Rublev...

Rublev... - Lo Spirito

LA SANTISSIMA TRINITA’

Dietro il Padre si vede la casa di Abramo, divenuta tempio, dimora del Padre e simbolo della Chiesa, sua figlia, perché "corpo" di Cristo, secondo la teologia paolina.

La quercia di Mambre è simbolo dell'albero della vita: quel legno della croce sul quale il Cristo ha offerto la propria vita per la salvezza dell'umanità.

La roccia-monte dietro lo Spirito è insieme simbolo di protezione , di luogo "teofanico", cioè luogo dove Dio si manifesta e simbolo dell’ascensione spirituale.

Il vitello offerto nel vassoio da Sara è diventato coppa eucaristica.

L’oro, simbolo della luce divina
Il fondo e le aureole (nimbi) d’oro sono simboli della luce divina.

La luce nell’icona non è naturale, ma spirituale Proviene dalla grazia ricevuta, per mezzo dello Spirito, prima Dietro il Padre si vede la casa di Abramo, divenuta tempio, dimora del Padre e simbolo della Chiesa, sua figlia, perché "corpo" di Cristo, secondo la teologia paolina.


TRINITA’

L’angelo di sinistra, il Padre, indossa un mantello color lilla sopra una tunica azzurra, simbolo della Sua divinità. Il lilla è un colore sfumato, evanescente, quasi trasparente, segno del mistero e della trascendenza.

Il suo mantello è appoggiato sulle due spalle, a differenza del Figlio e dello Spirito, perché Egli non è inviato, ma invia gli altri due.

Questo suo invio è indicato anche dal piede sinistro, che sembra iniziare un passo di danza.

Tutto converge verso di lui, come verso la sorgente: gli altri due angeli, la roccia, la casa, l’albero. E’ statico, diritto, perché questa persona è origine a se stessa, è il segno della maestà ed il riferimento per gli altri due angeli.

Il gesto della mano e lo sguardo sembrano affidare una missione al Figlio che l’accoglie, curvo, in senso di consenso. Le Sue mani non toccano la terra-altare, ma la benedice con le due dita alzate della mano destra; Egli non è nel mondo.

Il capo inclinato indica che Egli raccoglie l’offerta amorosa del Figlio

 

L’angelo centrale, il Figlio, indossa la tunica ocra del colore della terra, simbolo della natura umana assunta nell’Incarnazione; il mantello azzurro è segno della natura divina ed è appoggiato solo su una spalla, perché Egli è inviato dal Padre. La stola gialla indica la missione vittoriosa del Cristo "sacerdote", che ha dato se stesso per la salvezza del mondo ed è risorto.

Il Figlio è appena salito al cielo e sta comunicando con il Padre riguardo alla missione che ha compiuto.

Il suo corpo ricurvo e lo sguardo d’Amore rivolto verso il Padre indicano l'accettazione e la docilità alla volontà paterna.

La sua mano destra, appoggiata alla terra-altare, è la più vicina alla coppa dell’offerta, perché Egli è quell’offerta simboleggiata dalla testa dell’agnello; la mano riproduce il gesto di benedizione del Padre e l’atto di appoggiarla alla terra-altare indica la sua discesa nel mondo, attraverso l’Incarnazione. Le due dita sono appunto il simbolo della sua duplice natura: Egli è pienamente Dio e pienamente uomo.


L’angelo di destra, lo Spirito Santo, indossa sopra la tunica azzurra, simbolo della sua divinità, un mantello verde acqua che è il colore della vita, della crescita e fertilità. Nel campo spirituale il verde è simbolo della forza vivificante dello Spirito, che ha resuscitato Cristo ed ha comunicato al mondo la pienezza del significato della Resurrezione. Egli è colui che dà vita.

Questo angelo ha l’espressione più riservata delle tre persone.

La sua figura è più piegata sulla mensa, in atteggiamento di ascolto, umiltà e docilità. Ci rivela un aspetto nuovo dell’Amore, tipicamente femminile: l'accoglienza e la custodia.

La sua mano cadente sulla terra - altare indica la direzione della benedizione: il mondo cui lo Spirito dona Vita.

Lo Spirito sta partecipando profondamente al dialogo divino ed è pronto per essere inviato nel mondo a continuare l’opera del Figlio.

Il mantello appoggiato solo su una spalla ed il piede, che sta rispondendo alla danza iniziata dal Padre, sono simboli del suo accingersi a partire per la missione affidatagli: "Quando però verrà lo Spirito (dice Gesù), Egli vi guiderà alla verità tutta intera... dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future" (Gv 16,13).

Andrej Rublev (1360-1430) è il sommo iconografo russo, la Chiesa Ortodossa russa lo ha proclamato Santo. La sua icona della Trinità, dipinta tra il 1422 e il 1427 e conservata oggi nel Museo Tretjakov di Mosca, è universalmente ritenuta un capolavoro, sia dal punto di vista artistico e teologico.

    Come afferma Daniel Rousseau "questa icona non intende rappresentare concretamente le tre persone della Santissima Trinità. Come lo potrebbe, dato che la divinità non può essere rappresentata per sua essenza?".

    Il soggetto dell'icona della Trinità, che riprende l'iconografia del celebre prototipo di Rublev, si basa sul racconto dell'"Ospitalità di Abramo" (Genesi 18), che narra l'incontro avvenuto tra le querce a Mamre, tra Abramo, capostipite del popolo eletto, e tre pellegrini, che la Bibbia chiama "angeli". Durante quest'incontro i tre annunciano al patriarca la nascita del figlio Isacco.

    A partire dal IX secolo nei testi liturgici orientali l'episodio viene considerato come l'apparizione ad Abramo della Santa Trinità.

    Il momento rappresentato nell'icona è quello in cui i tre "uomini" sono seduti a mensa. Essi sono messaggeri, cioè angeli del Signore, sono perciò raffigurati con ali, come vuole l'iconografia tradizionale. Altri elementi che legano il testo della Genesi all'immagine sono la tenda di Abramo rappresentata come un palazzo (o un tempio) e un albero, la quercia. In più è presente l'elemento della montagna, probabilmente sia per un'esigenza di composizione, sia per il suo valore di luogo-simbolo di rivelazione.

    Su questi elementi Rublev tesse una sottile trama di evocazioni simboliche, che hanno ricevuto molteplici interpretazioni.

    La simbologia, tipica dell'iconografia tradizionale, si basa sul cerchio-comunione: le tre figure sono immerse in un armonioso colloquio che si esprime con sguardi e gesti che convergono sulla mensa, simbolo dell'Incarnazione e dell'Eucarestia.

    Tutti sono d'accordo nell'individuare nei tre Angeli la Trinità di Dio, ma alcuni ritengono che il Padre sia al centro, il Figlio alla sua destra e lo Spirito Santo alla sua sinistra, altri vedono il Padre sempre al centro, il Figlio alla sua sinistra e lo Spirito Santo alla sua destra e altri ancora interpretano la figura centrale come quella del Figlio, al sinistra il Padre e a destra lo Spirito (quest'ultimo è l'ordine con cui sono nominati nel Credo). Nelle icone sopra raffigurate, l'immagine centrale rappresenta l'Angelo centrale della Trinità.

    La comune natura divina dei tre è sottolineata da: volti e figure giovanili e identiche, aureole tutte uguali, dal colore azzurro (colore divino) e dallo scettro (segno della stessa autorità). 

  

    Per un'analisi più dettagliata: La Trinità in immagine. Analisi dell'icona delle Trinità di Andrej Rublev (articolo di G. Ferraboschi, pubblicato su "Il Faro", giugno 1998)

La trinità in immagine

Analisi dell'icona della Trinità di Andrej Rublev 

 

 

di Giovanna Ferraboschi

("Il Faro" giugno 1998)

 

    In occidente oggigiorno c'è un crescente interesse per le "icone", dal greco eikon, che significa "immagine". E' un genere di pittura a carattere religioso su pannello di legno che è nata e si è sviluppata in Oriente in ambiente greco-bizantino e russo-slavo nei secoli IV e V al tempo in cui l'arte Cristiana era ampiamente trattata. Le icone, inizialmente di grande formato, furono destinate alle Chiese e impiegate nelle processioni. Quando apparvero in formato ridotto (icone portatili) divennero sempre più ricercate come segni religiosi da tenere tra le pareti domestiche.

    Sono molti i monaci e i santi che hanno pregato dipingendo icone e tra questi il più grande è il russo Andrej Rublev. Della sua vita si sa poco: nacque a Mosca intorno al 1370 e fu allievo e poi assistente di Teofane il Greco (altro grande autore di immagini sacre). Diventò monaco del Monastero Andronikov di Mosca dove trascorse la maggior parte della sua vita e vi morì nel 1430 circa. Rublev fu canonizzato nel 1988 in occasione del Millennio del Battesimo della Russia, ma la sua fama di Santità ha attraversato i secoli insieme con le sue celebri rappresentazioni. La sua opera più conosciuta, l'icona della Santissima Trinità, dipinta verso il 1425 e ora conservata al Museo Tetjakov di Mosca, apparve in tutto il suo splendore verso il 1909 dopo un accurato restauro per ovviare all'oscuramento prodotto dalla fuliggine delle lampade e dell'incenso.

    Il capolavoro di Rublev è tra le "immagini" più antiche del mistero trinitario e il Concilio dei Cento Capitoli di Mosca del 1551 dichiarò canonica la sua Trinità e stabilì che gli iconografi dovevano prendere esempio da quell'opera.

    Il monaco russo, abituato alla contemplazione delle "cose celesti", trasfuse nelle sue opere un profondo spirito religioso che lo ispirò e che espresse attraverso una pittura notevolmente sensibile e fluida, dai colori molto delicati e armoniosi.

    Com'è riuscito l'artista-monaco a parlare del mistero di Dio con l'immagine? Dal Vangelo di Giovanni 1, 18 leggiamo: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato".

    Scrive San Giovanni Damasceno (675-749), grande teologo che difese l'uso delle immagini durante la crisi iconoclastica: "Dio che non ha né corpo né forma, non poteva essere rappresentato in alcun modo. Ma oggi si è fatto carne e ha vissuto fra gli uomini, si può rappresentare il visibile di Dio".

    Delle tre divine persone dunque soltanto Gesù Cristo incarnatosi, è raffigurabile. E, a partire dai fatti, gli artisti non hanno esitato a trasporre in immagini anche il "mistero centrale della fede e della vita cristiana", avvalendosi della simbologia delle linee, delle forme geometriche, dei colori, delle posizioni del corpo, della testa, degli atteggiamenti del volto, dei gesti delle mani, traendo elementi dalla natura e dall'esperienza umana.

    Ciò che la Scrittura ci insegna con le parole è presentato in questa icona, dove ogni particolare non è lasciato alla libera fantasia dell'artista, ma ha un suo preciso e universale significato teologico.

    Il testo biblico di riferimento è Genesi 18, 1-16. L'artista ha sintetizzato in un'unica immagine il racconto scegliendo il momento in cui tre misteriosi pellegrini, ospiti di Abramo, sono seduti a mensa davanti alla tenda del Patriarca, presso il querceto di Mamre. Questo episodio della Sacra Scrittura è sempre stato interpretato dai Padre della Chiesa come un preannuncio del Mistero di Dio in tre persone, poiché nel testo sacro si alterna il singolare, quasi fosse una sola persona, al plurale.

    Accostiamoci all'icona e osserviamola attentamente, tenendo presente la ricchezza dei simboli usati dal pittore per sottolineare la comune natura divina dei Tre e la Loro identità. Essi sono raffigurati come Angeli con le ali, i Loro volti sono uguali e nessuno è più giovane o anziano dell'altro: in Dio non c'è un prima p un dopo, ma un perenne oggi. Tutti e tre tengono in mano il bastone del viandante, segno della stessa autorità; anche le aureole, di giallo luminoso, sono tutte e tre uguali senza alcun segno di distinzione e ancora l'azzurro, colore divino, è in tutte e tre le figure che sono sedute su troni uguali, segno della stessa dignità.

    Nonostante la Loro somiglianza, gli angeli hanno però identità diverse riferite alla loro azione nel mondo. L'identificazione è suggerita dai colori degli abiti, dalle posizioni dei corpi, dai gesti delle mani, dalla testa, dalla simbologia delle forme geometriche. L'atteggiamento delle tre persone divine, disposte a cerchio aperto verso chi guarda e in conversazione tra di Loro, esprime l'Amore trinitario: l'angelo al centro con la tunica rosso-porpora, il colore dell'amore che si dona sino al sacrificio, ha il mantello azzurro che lascia scoperta una spalla: è il Figlio, figura centrare delle Redenzione, è ripreso nel momento in cui ritorna all'interno della Trinità. Due dita della mano destra appoggiata alla mensa rivelano la duplice natura: umana e divina.

    L'angelo di destra sembra sul punto di mettersi in cammino e raffigura lo Spirito Santo che sta per iniziare la Sua missione: è rivestito di un manto verde, segno di speranza. Ha un atteggiamento di assoluta disponibilità e di consenso alle altre due figure. Entrambi hanno il viso rivolto verso il Padre, che li ha mandati.

    È Lui il punto di partenza dell'immagine. Il mantello ha i colori regali: oro e rosa con riflessi vedi, simbolo della vita. Al centro della mensa luminosa sta un calice-coppa con dentro l'agnello. Se si osserva attentamente l'immagine, l'angelo centrale (Figlio) è contenuto nella coppa formata dai contorni interni degli altri due angeli (Padre e Spirito).

    "La coppa, punto di convergenza dei tre - spiegò Filarete, metropolita di Mosca, in un'omelia del 1816 - contiene il mistero dell'amore del Padre che crocifigge, l'amore del Figlio crocifisso, l'amore dello Spirito che trionfa con la forza della croce".

                                          Tecnica

 

  Le icone sono una forma di teologia visiva delle Sacre Scritture, per questo si dice che non sono dipinte, ma scritte. L'iconografo è colui che "presta le mani" al Signore per la sua manifestazione, è per questo che non ci sono firme sull'icona.

    Nell'icona nessun particolare è trascurato, "l'icona è un microcosmo che riproduce la verità e la perfezione del macrocosmo di cui è riflesso, un tempio alla cui costruzione prodigiosa concorre tutto il creato...tutto è offerto e sublimato affinché il Bello possa esprimere il Vero" (Paola Cortesi).

    Il legno della tavola deve essere compatto, senza nodi, stagionato; in genere si utilizzano faggio, abete, tiglio, betulla, quercia, cedro. La parte della tavola su cui si dipinge è quella che era rivolta verso il centro dell'albero (per evitare che diventi concava). Spesso le tavole sono rinforzate con traverse di legno incastrate perpendicolarmente all'andamento delle fibre.

    Sulla tavola si ricava poi il "kovceg", che è un incavo di alcuni millimetri (simboleggia l'intimità della figura rappresentata con Dio). Viene quindi stesa sulla tavola colla di origine animale calda, segue l'"incamottatura", cioè la stesura di una tela di lino imbevuta di colla, che ha la funzione di rendere resistente la tavola e rimanda alla prima vera icona (quando Gesù impresse il suo volto nel lino).

    Base della pittura è il "levkas", uno strato bianco fatto da colla di storione e polvere di alabastro, steso più volte a distanza di molte ore.

    La tavola asciutta e levigata è ora pronta per essere disegnata e incisa con una punta (per permettere di "vedere" la figura anche dopo la doratura). Per preparare la tavola alla doratura, la si liscia con punta d'agata e la si ricopre di "bolus" (una terra rossa) e colla, quindi si dispongono le sottili foglie d'oro (la luce di Dio) e infine la gommalacca.

    E' ora che inizia la pittura vera e propria, accompagnata da preghiera e digiuno. I pigmenti usati sono naturali (di origine minerale, vegetale o animale), preparati con tuorlo d'uovo, a cui si può aggiungere miele o resina. I colori più scuri dello sfondo vengono stesi per primi, poi si passa alle vesti e all'incarnato. Per ultimi vengono fatti i tratti bianchi, che schiariscono e danno volume.

    Al termine l'iconografo scrive, in genere in latino o in greco, il nome del personaggio, quindi l'icona è pronta per essere verniciata, in modo da fissare e proteggere la pittura. La vernice ("olifa") è fatta di olio di lino cotto, resine e sali minerali; questa vernice tende ad annerire col tempo, conferendo il caratteristico colore scuro alle icone antiche.

 

    Giovanna Ferraboschi segue le norme tradizionali della tecnica della pittura delle icone, concordando con l'affermazione che per chi dipinge icone il massimo dell'originalità consiste nella fedeltà alla tradizione.

Sotto la composizione di un'icona c'è una precisa geometria di forme pure: cerchi, quadrati e diagonali. Queste forme sono intrecciate in un insieme armonioso: è il linguaggio della geometria sacra.

    La preparazione della tavola di legno stagionato è eseguita con tecniche antiche: sul pannello vengono applicati più strati di gesso con una soluzione collosa; questo laborioso processo richiede almeno due giorni.

    Successivamente si passa al disegno vero e proprio del soggetto sacro, alla stesura dello sfondo e all'applicazione delle foglie d'oro.

    La pittura, eseguita con tempera all'uovo, deve essere molto precisa e rispettare la simbologia (non solo di forme, ma anche di colori) dell'icona.

    In alcune icone viene applicata in rilievo un rivestimento d'argento finemente cesellata (riza) come segno di venerazione.

 

STRUTTURA GEOMETRICA

 

Come ogni icona, anche questa è "scritta" su una struttura geometrica precisa, nella quale ogni elemento ha una proporzione stabilita rispetto agli altri e trova il suo posto secondo il suo significato e il suo valore simbolico.

Questa struttura dà un equilibrio ed un’armonia a tutta la raffigurazione.

Tutta la composizione dell’icona di Rublev è costruita sulla croce, che costituisce la struttura geometrica principale; l'asse verticale congiunge l’albero, la testa dell’angelo centrale, la coppa ed il rettangolo dei martiri.

Gli angeli sono racchiusi dentro un cerchio che indica pienezza e perfezione e sottolinea la circolarità degli sguardi d’Amore delle Tre Persone. La mano dell’angelo centrale è il centro della circonferenza che raccoglie le tre teste.

Anche la coppa, con la testa dell’agnello, posta sopra l’altare, è iscritta in un cerchio.

La testa dell’angelo centrale forma la punta del triangolo, la cui base si colloca sulla linea inferiore della tavola-altare.

Il secondo triangolo è rovesciato: la sua base superiore posa sulle teste degli angeli laterali e contiene nel vertice inferiore la fessura rettangolare dell’altare, luogo delle reliquie dei martiri. La coppa del sacrificio di Cristo è offerta sui corpi offerti dei suoi fratelli.

Lo spazio compreso tra i due angeli laterali assume la forma di un calice che sale dal basso: il Padre e lo Spirito Santo sono coloro che contengono il Corpo di Cristo ed il Suo Sangue.

 

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