Dallo studio archeoastronomico di siti quali Stonehenge in Inghilterra, Carnac
( vedi http://www.lo-spirito.com/1/chartres_e_luoghi_sacri_8029418.html ) in
Bretagna, e molti altri si ricava che tra le popolazioni stanziate in Europa durante
il Neolitico, l’Eneolitico, l’età del bronzo e del ferro erano diffuse nozioni di
astronomia.
Il disco di Sangerhausen, detto anche “disco di Nebra” dalla cittadina presso cui si trova il
villaggio, fu trovato in seguito ad uno scavo clandestino eseguito dai cosiddetti “cacciatori
di tesori” impegnati nel commercio illegale di reperti archeologici. Durante lo scavo il disco
subì alcuni danni che comunque non ne hanno pregiudicato lo stato generale di
conservazione. Attualmente il disco è conservato al museo archeologico di Halle in
Germania. Il reperto è un disco in bronzo del diametro di 32 cm, del peso di 2 kg, su cui
sono riportate in lamina d’oro figure che richiamano nella forma il Sole, la falce lunare e un
insieme di 32 piccoli dischetti che potrebbero rappresentare stelle. La collocazione
cronologica è stata fissata approssimativamente al 1600 a.C.. È stato possibile appurare
che il disco fu sepolto con cura e in posizione orizzontale, ma non si potrà sapere nulla su
quale fosse l’orientamento rispetto ai punti cardinali.
Il disco era posto in una buca al centro di un antica struttura fortilizia sulla collina del
Mittelberg, composta da un muro circolare di pietre a secco. Dalla sommità di questo sito
fortificato si osserva il sole tramontare dietro il Brocken, montagna ubicata a 85 km di
distanza in direzione nord-ovest proprio nel giorno del solstizio d’estate e pare plausibile
pensare che le antiche comunità stanziate in quella zona non abbiano trascurato di
sfruttare questa circostanza a fini calendariali.
A cosa serviva il disco di Sangerhausen? Esso potrebbe testimoniare l’interesse delle
popolazioni che l’hanno prodotto per l’osservazione del cielo. Se l’interpretazione
astronomica è corretta, esso riporta un’immagine simbolica del Sole, della Luna e dell
e stelle, cioè di tutto ciò che era facilmente visibile ad occhio nudo, ma anche un
raggruppamento di 7 stelle che potrebbero corrispondere alle Pleiadi.
Relativamente alle due bande d’oro laterali (una delle quali è andata perduta, lasciando
però sul bronzo una chiara traccia della sua posizione) esiste una strana coincidenza e
cioè che i due archi opposti sottendono un angolo al centro pari a 82° ciascuno, che è
molto prossimo al valore delle amplitudini ortiva e occasa del Sole (la prima misura la
differenza tra gli azimut estremi di levata eliaca nel corso dell’anno – solstizio estivo e
invernale – la seconda misura quella relativa al tramonto). Le due bande contrappost
potrebbero costituire una trasposizione più o meno simbolica della linea dell’orizzonte
locale visibile dalla collina.
L’immagine della luna è riprodotta ribaltata rispetto al sole: la corretta rappresentazione
richiederebbe che la convessità fosse rivolta al sole e non la concavità. Questo potrebbe
suggerire un’interessante interpretazione del soggetto rappresentato sul disco: il disco
solare e la falce potrebbero essere due rappresentazioni dei corpi celesti durante
un’eclissi di sole; in tal caso dovrebbe trattarsi di un’eclissi avvenuta con il sole basso
sull’orizzonte, quindi all’alba o al tramonto, o in una giornata con una particolare copertura
nuvolosa che facesse da filtro.
La ricerca di un’eclissi di sole quasi totale visibile, durante l’Età del Bronzo e del Ferro in
quella regione, ha consentito di identificare un evento con queste caratteristiche
verificatosi l’8 maggio del 1617 a.C.. È da rilevare che le Pleiadi erano poste in basso a
destra rispetto la falce solare, che proprio come nel disco, aveva le punte rivolte in alto.
Un’altra ipotesi invece vede nel raggruppamento dei 7 dischetti una cometa che transita
tra le stelle dell’Orsa Maggiore. Quest’ipotesi implica però che il disco di Sangerhausen sia
molto più recente di quanto proposto dagli archeologi tedeschi. Una datazione all’Età del
Ferro implicherebbe una fattura celto-germanica del disco che si accorderebbe con la
sensibilità mostrata dalle popolazioni celtiche per la rappresentazione del cielo.
Un’ultima possibile spiegazione è che le figure presenti sul disco si riferiscano alle diverse
fasi della Luna.
Il mistero si dipanerà quando si perverrà ad una datazione precisa del reperto.
Vengono in mente i versi di Esiodo: ‘Quando le Pleiadi sorgono figlie di Atlante la
mietitura incomincia; l’aratura al loro tramonto: esse infatti quaranta notti e quaranta giorni
stanno nascoste poi volgendosi l’anno appaino dapprima quando è il momento di affilare
gli arnesi.
Questa dei campi è la legge...’ (Le Opere e i Giorni, versi 383-388 )”.
Angela Palmisano