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Asino ...

Asino ... - Lo Spirito

Cimentarsi  in qualsiasi diatriba con un Asino  è un’impresa persa in partenza,


                                  perché Lui ha sempre Raglione !


Asino si nasce o si diventa ? Difficile a dirsi. Ammettendo l’ipotesi che ci si

nasce,  è difficile permanere tale perché per Essere Asino e rimanerci,

occorre coltivare  per tutta la vita la costante pratica

 

                                            della Santa ignoranza.

 

Questa è un’Opera riservata ai pochi eletti che la attuano quotidianamente.

 

Note Biologiche sull’Asino : se si accoppia con un cavallo  ( maschio o femmina )

si genera una prole sterile … mulo o bardotto.

Il mulo, come molti esseri privi della capacità di procreazione è molto docile e

resistente.

 

Evviva la saggezza dell' asino, in nome di Giordano Bruno

 

l' Europa riscopre il pensatore di Nola .                                                             Nuccio Ordine, professore all' Università di Arcavacata, ha presentato a Parigi il primo volume delle Opere complete. Giordano Bruno è un grande pensatore, non è soltanto un martire del libero pensiero. Il nostro è un invito a leggerlo". . Bisogna dire che il mito anticlericale non è il solo responsabile della scarsa conoscenza di Bruno. Un filosofo sempre in viaggio, o in fuga. Con i dottori della Sorbona, dove oggi lo celebrano, si era scontrato. "Come con quelli di Oxford, e di tutte le città in cui si e' trovato. Bruno e' un pensatore non legato a nessuno spazio preciso, pensava allo spazio infinito.                                                       

Più copernicano di Copernico, ha capito per primo le conseguenze dell' eliocentrismo.    Ha capito che se la Terra non è più al centro dell' Universo, allora non può più esserci un solo sistema.  

( nota di Massimo - o no ?? assolutamente no : la relatività di Einstein sostiene

che Tutto dipende dal punto di osservazione, dal "dove sei" !!  ) .

 Nell' Universo non più gerarchizzato tutto è relativo: tutto è centro e tutto è periferia. Soltanto il punto di vista individuale ritrova alla fine un senso, almeno provvisorio e parziale". . "Les Belles Lettres" pubblicano anche un suo libro, già uscito in Italia qualche anno fa con il titolo "La cabala dell' asino". "E’ un libro in cui ho cercato di analizzare l' immagine dell' asino nell' opera di Bruno. L' asino non è solo simbolo dell' ignoranza; è   un' immagine che si capovolge continuamente nel suo opposto, come i Sileni di Alcibiade, di cui parlano Platone, Rabelais e Erasmo. Statuette grottesche contenenti una divinità : così come il comico può contenere il serio, la follia può contenere la saggezza, l' ignoranza la conoscenza. E, al contrario, la cultura tradizionale può nascondere anche della stupidità ; il vecchio saggio aristotelico può essere un asino, e io, accettando la mia asinità , posso scoprire umilmente qualcosa di vero".                                              

Tortonese Paolo Pagina 19
(29 marzo 1993) - Corriere della Sera 

Le vicende di Lucio, nell’Asino d’oro di Apuleio, possono essere lette come le prove cui è sottoposto un Essere che, dopo un tempo d'alienazione e di errabonde peripezie, è fin dall'inizio promesso alla salvezza voluta dalla dea signora delle trasformazioni:

                                               ISIDE.

Senza l'inserzione della favola di Amore e Psiche, Apuleio non avrebbe potuto dirigere gli avvenimenti narrati verso la giusta lettura, per fare del romanzo la storia di una

                                            redenzione .

Storielle…

UN ASINO CARICO DI SALE di Esopo.

Un asino carico di sale guadava un fiume. Scivolò e cadde nell'acqua, dove il sale si sciolse. E l'asino, ritrovandosi più leggero, fu molto lieto dell'accaduto. Un'altra volta, giunto con un carico di spugne sulla riva di un fiume, credette che, se vi si fosse lasciato cadere, ne sarebbe uscito più leggero, e così a bella posta scivolò nell'acqua. Accadde però che le spugne si imbevvero e l'asino, non più capace di uscire dalla corrente, perì annegato.
Allo stesso modo, gli uomini non s'avvedono che sono i loro stessi maneggi 

                              a precipitarli nella disgrazia. 


Scavalcando, andando oltre … lo “zoccolo” delle due colonne … un po’ in là …

 

IL LUNGO CAMMINO DELL’ASINO

MESCOLANDO ZOLLE E NUVOLE …

Giovanni Greco

UNIVERSITà DI BOLOGNA

L’asino, dal latino asinus e dal greco ovos, sembra quasi aver un gran talento nell’ignorare le cose: è andato via da asino ed è tornato da somaro (sic).

L’asino, per secoli personificazione dell’ignoranza e della diabolica ostinazione, è al tempo stesso l’animale che sa di più, perché sa di non sapere. In effetti, il raglio è, fra le voci della natura, una fra le più drammatiche, espressione di un’urgenza irrimediabile e della volontà di non tacere più, dopo aver troppo taciuto.

Secondo alcuni, l’asino porta con sé l’erotismo greco e la spiritualità biblica: «Esso occupa il primo posto fra gli animali della creazione nell’Antico e nel Nuovo Testamento e si trova effigiato in almeno cento chiese e cattedrali romaniche. La vicinanza degli asini è stata rappresentata, fra gli altri, da Apuleio a Cervantes, da Dostoievskj a Lawrence, da Stevenson a Bruno».

Primo degli animali citati nella Bibbia, l’asino è l’animale per eccellenza anche per la straordinaria coincidentia oppositorum. Non casualmente si è detto dell’asinità in giustapposizione al volare alto del gabbiano Jonathan, e non per nulla l’asino, o meglio l’onagro, è una parola bifronte: organo/onagro, che significa sia asino che macchina da guerra. D’altra parte Bestiari medioevali, debitori di Apuleio e del suo Asino d’oro, sottolineano l’ottusità e la docilità dell’asino, al contrario del Bestiario di Cambridge che invece attribuisce proprio all’onagro, considerato simbolo dell’ignavia, significati demoniaci. L’onagro, animale del crepuscolo, «è il demonio che raglia ogni ora reclamando la sua preda».

Nel racconto biblico un’asina che, durante il viaggio intrapreso dall’indovino arameo Balaam per andare a maledire gli ebrei, si fermò all’apparizione di un angelo e, picchiata, parlò lamentandosi: l’immagine è quella di un’asina solitaria che dà voce alla sua anima.

Infatti alcuni glossatori hanno interpretato l’isolamento dell’animale quasi come una sorta di immagine spirituale di eremita che vive con la solitudine della sua anima. Valutazioni straordinariamente positive avvalorate in Francia, nel dodicesimo e tredicesimo secolo, dalla “festa dell’asino”, in ricordo della fuga in Egitto di Maria col piccolo Gesù. Il protagonista della festa era appunto l’asino, che veniva condotto in processione solenne ed era addestrato ad inginocchiarsi nei momenti topici e a ragliare tre volte in risposta al rituale Benedicamus Domine: «Alla fine della messa – è scritto in un codice del 1100 – il prete, anziché pronunciare Ite missa est, raglierà tre volte, e in luogo di Deo gratias il popolo risponderà tre volte hi-ha».

Parimenti noto è il cosiddetto “asino di Buridano”, argomentazione para-sofistica attribuita al filosofo francese Giovanni Buridano (metà del ’300), per la quale un asino affamato, posto a egual distanza fra due mucchi di fieno uguali, sarebbe morto di fame non sapendo decidersi fra i due (si rammenti il riferimento nel Paradiso di Dante). L’esempio non si trova nelle opere di Buridano, ma si ricava dalla sua dottrina, secondo cui la volontà, nelle sue scelte, segue il giudizio dell’intelletto. Allorquando i beni da scegliere sono equivalenti, l’intelletto non fornisce indicazioni, la volontà permane indecisa, la scelta non ha luogo e si registra la fine dell’asino.

Secoli dopo, Gottfried Leibniz ebbe però a osservare che, per quanto concerne l’uomo, il perfetto equilibrio fra due parti è impossibile, giacché infinite possono essere le ragioni interne ed esterne all’uomo che l’inducono ad andare in un senso piuttosto che in un altro. L’apologo dell’asino, infatti, è utilizzato da Leibniz per ribadire il rifiuto del meccanicismo e la necessità della scelta anche allorquando le motivazioni appaiono ignote a chi sceglie.

In matematica, invece, l’espressione ponte dell’asino è usata per indicare punti di particolare difficoltà, come per esempio il 5° teorema del libro I di Euclide.

L’asino viene poi sovente percepito, in senso traslato, come l’analfabeta per antonomasia. E tuttavia, non sono proprio gli analfabeti ad essere oggetto di un ben noto Elogio di Eugenio Montale? Invero, il poeta ligure sosteneva che dagli analfabeti c’è sempre da imparare, perché possiedono alcuni concetti fondamentali che, alla fin fine, sono quelli che più contano: «purtroppo pare che di analfabeti ne siano rimasti pochi».

Anche per questi motivi potremmo osare di avvicinare l’asino a una figura come quella di Pulcinella, con la sua enciclopedica e misteriosa ignoranza, con la sua sopraffina cultura da analfabeta. Non casualmente Pulcinella è vestito interamente di bianco, ma la sua maschera è nera.

Talune simbologie religiose propongono l’asino come un archetipo che affonda le sue radici in antiche culture, come attestato dalla famosa immagine satirica dell’asino che suona la lira. Marius Schneider ha osservato come il tamburo e l’arpa, due strumenti spesso connessi all’asino, siano per eccellenza strumenti di dolore e in rapporto con l’aldilà.

Per i popoli dell’Anatolia l’asino era simbolo di regalità e di saggezza, mentre per gli Ittiti le lunghe orecchie asinine erano un segno sapienziale, al contrario delle caricature medievali che ritraevano laici ed ecclesiastici con grandi orecchie d’asino che stavano a segnalare il peccato d’orgoglio ostinato.

La simbologia dell’asino tutto rassegnazione e umiltà viene invece capovolta da Fedro che, nelle sue favole, colloca l’asino fra il deviante e l’osceno, allorquando l’asino provoca il cinghiale mostrandogli il suo fallo smisurato. Mentre la provocazione dell’asino di Fedro non rientra nella cultura cristiana medievale e nella sua letteratura, nell’iconografia rinascimentale l’asino è avvicinato al diavolo, alludendo al peccato, alla sregolatezza ed alla bestialità. Ma l’asino non finisce di stupire perché Franco Cardini ricorda che l’asino rosso, che conosciamo anche attraverso il De Ostride et Iside di Plutarco, si collega a miti dell’antico Egitto con una valenza chiaramente malvagia.

Ad ogni buon conto, quando Montaigne invoca la “vera misura”, elogia l’asino: «C’è forse qualcosa di più sicuro, deciso, sdegnoso, contemplativo, grave, serio come l’asino?»

Non molto diversamente, il suo contemporaneo Giordano Bruno, in quegli anni, si identificava con l’asino, che per la sua ignoranza, pazienza e ostinazione veniva a costituire l’allegoria di chi ricerca la verità. Ne Lo spaccio de la bestia trionfante, Giordano Bruno, attraverso un’articolatissima allegoria, finisce per avvalorare l’esaltazione dell’asinità. L’asinità, secondo il filosofo nolano, altro non è che l’indice di appartenenza dell’uomo ad uno stato bestiale, servile e corrotto: è la “santa ignoranza”, è la “santa stolticia”, è la “pia divozione”, la fede contrapposta alla scienza:

La santa asinità di ciò non cura, ma con man giunte e in ginocchio non vuol stare

aspettando da Dio la sua ventura.

Per Bruno, che in ciò segue la scia di certe teorie cabalistiche, l’individuo, imbrigliato in un universo complesso, fra cielo e terra, da uomo si è trasformato in asino. Effettivamente, per tali gnoseologie dei cabalisti, gli individui possono manifestare tre tipi di ignoranza, rappresentati da tre tipi di asini. Per i primi sempre si nega e mai si afferma; per i secondi sempre si dubita e mai si definisce; per i terzi i princìpi sono conosciuti senza dimostrazione: «La prima è denotata per l’asino pullo, fugace ed errabondo; la seconda per un’asina che sta fitta fra due vie, non possendosi risolvere per quale delle due più tosto debbe muovere i passi; la terza per l’asina con il suo puledro portanti sulla schiena il redentor del mondo».

Perciò il pensiero del grande Nolano è che l’uomo divenuto asino ritorni a pieno titolo se stesso. L’uomo può scegliere di essere divino o bestiale utilizzando gli strumenti che possiede, la mente e l’anima, per cui l’asino «potrà distinguere se colui che gli monta sopra è un dio o è un diavolo, è un uomo o è un’altra bestia».

Credo, infine, che se mai vi è una creatura che rappresenti egregiamente il senso del dubbio, questa sia proprio l’asino. L’asino anzi, a mio modo di vedere, simboleggia l’essenza stessa del dubbio: l’umiltà del dubbio, non la vanità del dubbio. In realtà, l’anima che si risveglia per un dubbio è certamente migliore dell’anima che dorme sicura di sé.

Ecco perché ora anche noi vogliamo ragliare … Non continuiamo forse a fare errori di grammatica persino quando pensiamo? Non siamo proprio noi a nascere senza saper parlare e, a volte, a morire senza aver saputo dire? (Pessoa).

Nell’alveo della sua struggente solitudine, l’asino mi appare come una sorta di camminatore imperterrito fra gli sterpi del pensiero, al punto che si ode il rumore insistente di un passo dietro l’altro, tanto che sembra sollevare zolle e camminare fra le nuvole.

Buon viaggio, allora, antico maestro Asino !

SIMBOLISMI …

La grotta è un simbolo universale: essendo all’interno della terra o di una montagna la grotta è simbolo del Centro del Mondo ed è per eccellenza il luogo della nascita e della ri-nascita, è il centro spirituale del macrocosmo che è l’universo, poiché il tetto della grotta rappresenta il cielo e il pavimento la terra; la grotta dei Misteri di Mithra presenta in modo esplicito questo simbolismo, e il mitraismo, come sappiamo, ha dato al nascente cristianesimo molti elementi.

La grotta è anche figura del cuore e in questa accezione è il centro del microcosmo che è l’uomo: la “più piccola camera del cuore”, nella quale per la tradizione vedica ha sede l’Atma, il Principio cosmico. Per il suo essere un “luogo della nascita o ri-nascita” la grotta è anche una figura dell’utero.

È nella caverna che nasce Lao Tze, il sapiente cinese fondatore del Taoismo, e la caverna del Bambino irradia luce come in Giappone la Dèa Amaterasu ( ben nota da Mahikarì ) emana il suo abbagliante splendore dal profondo dell’antro in cui si trova.

Come tutti i simboli anche la grotta presenta un duplice significato: essa è il luogo dei morti e la porta degli Inferi, la regione dei mostri e dei draghi, e sono i draghi che custodiscono il tesoro che l’Eroe deve conquistare uccidendone il guardiano.

Nella grotta il Bambino è riscaldato da due animali domestici: l’asino e il bue, due tranquille bestie la cui presenza in una stalla è assolutamente normale.

L’asino è un importante simbolo bivalente: è l’animale malefico simbolo di oscurità, ignoranza e morte; in India è la cavalcatura del Re dei Morti, in Egitto è l’animale di Seth, il Dio del Caos primordiale, signore della terra arida che si oppone alla fertile terra nera ai lati del Nilo, e lo stesso Seth è raffigurato proprio con la testa di onagro, l’asino selvatico che vive nel deserto.

L’asino rappresenta a livello microcosmico la sensualità ed i bassi istinti dell’uomo, come tale è al centro del racconto iniziatico di Apuleio L’asino d’oro o Le Metamorfosi.

Per questo il colore dell’asino è il rosso, colore della bestialità e dell’ira.

( 3° Chakra )

Esso ha però un aspetto positivo: è la bianca asina su cui il Cristo entra in Gerusalemme nel giorno delle Palme, alla quale corrisponde l’asino che porta sulla groppa gli oggetti sacri nei Misteri di Dioniso; infine secondo Pindaro è il nobile animale che gli Iperborei sacrificano al Sole-Apollo.

Il bove ha un aspetto positivo che lo contrappone al toro, simbolo della forza temibile dei re e degli Dèi: è l’animale pacifico usato nel tiro del carro e dell’aratro, simbolo di bontà e di tranquillità, è la cavalcatura di Lao Tze, l’animale tanto sacro per i greci che il sacrificio per eccellenza è l’ecatombe, letteralmente “il (sacrificio di) cento buoi”.

In India è simbolo della sapienza, che in sanscrito è go-kara, il “pascolo dei buoi”. In linea con il pensiero indù, per lo pseudo Dionigi il bove è l’animale che scava con l’aratro nella terra che è l’uomo i solchi che ricevono la pioggia vivificante della sapienza.

Se gli Angeli, gli “annunziatori”, sono un chiaro riferimento all’emanazione dell’Uno manifestatosi nella caverna nel suo passare dall’unità alla molteplicità, più complesso è il simbolismo dei pastori.

Il pastore è la guida del gregge degli agnelli e per tale ragione è identificato con il Re o il Sacerdote, colui che conduce il popolo, ma su di un livello superiore egli è simbolo del Vegliante, del sapiente che vigila nella notte e conosce il percorso della luna e delle stelle, e quindi sa riconoscere le fasi del tempo, è il nomade che percorre i sentieri della terra come nomade è l’anima nel mondo della materia, alla ricerca della via che la riporterà al mondo celeste da cui è venuta.

Solo colui che veglia nella notte e conosce i segni del cielo può ascoltare il richiamo degli Angeli e riconoscere che Colui che è nella mangiatoia è la Via da seguire, che occorre rifarsi bambino per trovare la strada che porta alla terra perduta attraverso il sacrificio della propria parte inferiore.

Per questo il pastore è signore degli agnelli, gli animali simbolo per eccellenza dell’offerta sacrificale, il cui nome è simile a quello di Agni, il Dio vedico del fuoco e del sacrificio.

Notiamo che, non a caso, nel Presepio sono presenti tra i pastori due figure altamente significative: un pastore nell’atteggiamento di ascoltare l’Angelo ed un secondo il quale invece è steso per terra addormentato; è molto chiaro il simbolismo espresso da queste figure: l’anima che non è pronta non è in grado di “sentire” la chiamata angelica, di portare cioè a termine la ricerca per cui si trova su questa terra.

Più chiaramente, la divisione tra le “anime che cercano” e le “anime ottenebrate” è data dalla presenza accanto ai pastori di personaggi intenti ai godimenti materiali dell’osteria o alle cure degli affari nel mercato: sono il simbolo della completa immersione nella materialità, dove non è più possibile ascoltare la voce degli Angeli.

Possiamo ora riassumere brevemente quanto detto riportandolo sui due piani                   del macro e del microcosmo.

Da un punto di vista macrocosmico il Principio Creatore, al quale sono propri gli attributi di divinità, potenza ed eternità, si manifesta come luce nella tenebra del caos equilibrando le opposte forze del Bene e del Male; a Lui si dirigono le anime che vegliano nella notte aspettando l’ora del ritorno, chiamate dalle manifestazioni molteplici dell’Uno, poiché esse sono ancora immerse nella molteplicità del materiale e tali forme “angeliche” sono le uniche forme che possono vedere prima di conoscere la Verità suprema della Luce.

A livello microcosmico il Presepio è figura dell’anima che rinasce dopo l’Iniziazione, nascita da Vergine perché la rinascita spirituale è inversa a quella materiale, è un “ritorno nell’utero” che si attua passando attraverso la morte:

nella notte della morte il Rinato splende di luce essendo divenuto egli stesso Sole e può richiamare a sé le potenze psichiche che gli appartengono e dalle quali si è separato per passare attraverso l’oscurità della disgregazione, per purificarsi e

 rinascere Uno.                               

 La conferma del suo reale compimento sul piano iniziatico è nel triplice attributo 

  

            che riceve come Dio, Re ed Immortale.

 

Per concludere … da un Asino c’è sempre qualcosa da apprendere,

 perché la Sua Santa Ignoranza è vasta e profonda .


Parola di Asino !!

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